Ci sono posti, anche molto vicini, che sanno ancora come stupirmi, nonostante i 40 anni che vivo in questa zona. Sono a meno di 20 km da casa e non avevo mai saputo dell’esistenza di questo luogo incredibile. Affascinante, sorprendente e certamente sacro per qualcuno. Parliamo di una grotta. Oggi, con l’amico Guido Damiani, esperto accompagnatore di media montagna, ci siamo calati all’interno di una montagna, esattamente a -70 metri dalla superficie. Per gli speleologi più esperti, un’avventura del genere è probabilmente routine, ma per me è stata una vera sorpresa. Un’esperienza come questa lascia un ricordo entusiasmante, fatto di sensazioni probabilmente mai provate prima.
Innanzitutto il buio, quello vero. Se per qualcuno può risultare spaventoso, per me è stato addirittura benefico, oltre che affascinante. Ho una mente costantemente bombardata da stimoli esterni e interni, e posso solo immaginare il riposo che le ho concesso quando, nel fondo della grotta, abbiamo spento le lanterne per qualche minuto. È stato incredibile!
Siamo partiti alle 9 del mattino e, dopo circa 40 minuti di cammino, siamo arrivati all’imbocco della grotta. Non è necessaria alcuna attrezzatura particolare, ma Guido mi fa indossare casco e guanti prima di iniziare la discesa. Entriamo lungo il pendio, e la luce comincia a farsi fioca. Arrivati, dopo pochi minuti, nella prima stanza, percepisco subito il richiamo atavico della vita primitiva. Penso a dove potrei accendere un fuoco, a come potrei coricarmi, e osservo minuziosamente i milioni di dettagli intorno a me: gocce d’acqua, pietre, anfratti. Sembrano infiniti. Prendere punti di riferimento sembra facile, ma basta spostarsi di qualche decina di metri per avere una prospettiva completamente diversa dello stesso luogo. Non è affatto semplice.
La poca luce che arriva fin lì mi dà un’idea delle altezze, e mi rendo conto che la grotta è più grande di quanto pensassi. “Non è finita” mi dice Guido, e in effetti l’avventura doveva ancora cominciare. Si avvicina lentamente verso quello che pensavo fosse il fondo della grotta, ma mi accorgo che c’è una piccola fessura in cui dovremo infilarci. Poco dopo mi ritrovo sdraiato sulla roccia viva, con lo sguardo rivolto alla parete a soli 15 cm dal mio naso. Scivolo lentamente, e sento i piedi penzolare. Non è una sensazione piacevole, ma Guido mi rassicura, dicendo che presto sentirò l’appoggio sotto i piedi. Mi fido ciecamente, ed è proprio il caso di dirlo! Dopo pochi secondi, il piede destro trova finalmente un appoggio sicuro, anche se scivoloso.
Sono passato. Ora siamo davvero nel buio totale. Le nostre lanterne illuminano tutto, creando un’atmosfera stupefacente. Le gocce d’acqua che si condensano sul soffitto brillano come argento incastonato nella pietra. I colori, nonostante la profondità, hanno un’intensità straordinaria. Le ombre create dalla torcia formano disegni sempre diversi: rocce, stalattiti, anfratti, buchi, piccole pozze d’acqua. L’aria è leggera, pulita e alla temperatura perfetta, 10 gradi costanti, in ogni stagione.
La discesa continua attraverso un altro passaggio stretto e arriviamo in una terza stanza. Siamo sul fondo. Scorgiamo segni sulle pareti. Alcuni sono vandalismi, tristi tracce di ragazzi che hanno rovinato irrimediabilmente millenni di formazione geologica. Altri segni, però, sono molto più antichi e decisamente più importanti: tracce lasciate da uomini primitivi che, probabilmente, hanno vissuto qui. È incredibile. È storia antica, ed esercita su di me un fascino potentissimo. Mi accende mille domande, a cui però non avrò mai risposta. Inizio a fantasticare su troppe cose.
Entrare in una grotta è un po’ come esplorare la propria interiorità: ci si immerge nell’oscurità, ma si esce con una nuova luce. È un viaggio che ti spinge a cercare risposte che non pensavi di avere. Scendere nelle profondità della terra ti costringe a rallentare, a sentire ogni passo, ogni respiro. È un’esperienza che cambia la prospettiva, come se la grotta stessa ti invitasse a riflettere su ciò che è davvero essenziale.
Chiedo a Guido di risalire di una decina di metri, perché sul fondo non mi sento a mio agio. Immagino scene inquietanti, inclusi sacrifici che questi uomini potrebbero aver compiuto qui nell’età della pietra. Guido mi racconta che in questa grotta sono stati ritrovati tre scheletri, probabilmente morti per un crollo. Non è rassicurante, ma paradossalmente mi sento tranquillo.
Progettiamo l’idea di una notte in grotta, con sacchi a pelo e materassini. Si può fare. Prima, però, dovrei trovare una motivazione valida. È sempre lì che si torna: la motivazione, punto centrale del manifesto che trovate qui. Trovare il proprio “perché” è fondamentale: a volte è semplice, altre volte può essere solo “perché non l’ho mai fatto”. Altre volte, ancora, è più complesso, ma la ricerca della motivazione è un lavoro da fare in solitudine, in silenzio. Magari, perché no, proprio dentro una grotta.
Si entra nel profondo della terra con un’idea o con un problema, e se ne esce rinnovati, con nuove idee e soluzioni diverse.
Visitate qui il sito di Guido qui e fatevi una gita con lui, non ve ne pentirete.